1° classificato
Alessandro Centinaro
Mal d’Africa
Africa di luce e tenebra, senza chiaroscuri, Africa nera,
Africa dal seno vizzo, vuota di sogni, Africa nera;
Africa dai molti fiumi, ma senz’acqua fresca o pura,
Africa dai grandi laghi di lacrime e di paura;
Africa d’innocenza, di sangue e d’infinito,
figlia d’un Dio povero, già morto o già fallito;
Africa dal cuore giovane e dal seme avvelenato,
Africa senza domani, così senza passato;
Africa che ti moltiplichi serena come i conigli,
ci son catene nuove pronte già per i tuoi figli;
Africa zattera immensa di genti alla deriva,
Africa inchiodata a vivere, Africa viva.
2° classificata
Anna Maria Monchiero
Vecchio
Seduto al sole
sul bordo di una panchina
con lo sguardo attonito
immerso nel passato
nella giacca informe
respiri meccanicamente
una folata di vento
che ti respinge ti rifiuta.
Il tuo volto contratto
ha fame di carezze
sete di affetto
ti è sfuggita l’estate
trascinato nel rigido inverno
delle foglie secche e morte
ma in questo tardo pomeriggio
l’immediato ricordo di ciò che eri
rende attuale e presente
il mio domani
quando domani
Io sarò in piedi innanzi a te
e Tu sarai curvo
Seduto al sole
sul bordo di una panchina.
3° classificato
Adriano Scandalitta
La felicità
Ho visto la felicità
camminare a piedi nudi,
capelli al vento,
tra prato in fiore
e con il verde in tasca
Ho visto la felicità
scaldarsi ad un raggio di sole
e nutrirsi con un tozzo di pane
Ho visto la felicità
attenta alla buona parola,
desiderosa di esprimere
con il canto la sua gioia
Ho visto la felicità
stringere le mani più deboli,
chinarsi premurosa
sulle persona
sulle persone più indifese
Allora ho compreso
che la felicità è parca,
è docile, è disponibile;
la felicità è amore.
4° classificato
Silvestro De Simone
Il lago dorato
Sulla sponda del lago
dove acque morte
sciacquano fra le canne
l’ora scorre
dolcemente assorta
in una vaga malinconia.
L’airone distende
lento il suo volo,
due vele bianche
scivolano silenziose
sui raggi d’oro
adagiati sull’acqua,
le nuvole in cielo
passano e vanno.
Ora che tace il canto
degli uccelli lacustri
s’ode solo fra gli alberi
un frusciare leggero,
un respiro breve
di piccole foglie,
impalpabile come il sogno
che sotto le palpebre
percorre la notte,
quasi una voce divina
che soavemente introduce
ai misteri dell’anima.
5° classificata
Costanza Chiapponi
Piccolo testamento inutile
Scavatemi una fossa
in mezzo al cielo:
è lì che voglio giacere
e non nella nera terra
dove muore la morte
e nasce la vita.
Io voglio giacere nel cielo
in pace.
Scavatemi una fossa
in mezzo al cielo
e di lì pioverò a settembre,
di lì silenziosa
penetrerò tra i girasoli
e scalderò la terra.
Scavatemi una fossa
in mezzo al cielo:
non papaveri
non giacinti
pietosi copriranno la mia tomba,
non viole.
Ma solo nubi bianche
come greggi,
solo soffi di vento e di luce.
Scavatemi una fossa
in mezzo al cielo
e giacerò tra gli occhi d’oro
del dio del cielo
o in un sepolcro odoroso
dove solo leggerissimi soffioni
potranno raggiungermi.
6° classificata
Matilde Maria Abrile
Fiori d’inverno
Fiori sempre nuovi
crescono ai bordi delle strade,
danzano sull’esile stelo
sospinti dal vento.
La nebbia delle lunghe notti
li avvolge nel suo morbido mantello.
Ciniche automobili in fila indiana
illuminano le piccole sagome d’argento.
Alcuni passanti li colgono in fretta
per gettarli subito via,
nel mare dell’indifferenza.
I fuochi accesi non riscaldano
gli aridi cuori,
la paura trafigge l’anima.
I pensieri frugano nei bagagli vuoti
di un passato che non c‘è
e del futuro che sarà.
L’aria gelida d’inverno
soffia sui giovani fiori
fino a dissolverli nel nulla.
Con il primo sole del mattino
rifioriranno sulle onde del cielo
come stelle,
venute da lontano.
7° classificata
Michela Alesi
Identità
Anche oggi.
Mi sto cercando dentro un libro,
dietro una lente,
davanti al volante della mia macchina.
Anche oggi mi sto cercando
sopra un foglio bianco che attende,
come un passeggero l’annuncio del treno.
Mi sto cercando in fondo al cassetto fra
l’odore pungente del legno e
le parole scartate,
stanche,
inutili.
Stanca, anch’io, e
se servisse a qualcosa o
se passasse qualcuno a dirmi che no servirà a niente,
a dirmi che ogni essere umano, tanto,
non ritrova mai se stesso,
a dirmi che non sono altro che un mazzo di chiavi smarrito.
O un mazzo di fiori appassiti.
Anche oggi mi sto cercando ma
ogni luogo è vuoto per la mia identità,
ogni angolo, pieno per i miei sentimenti:
dovrò aspettare che si liberi un posto.
Ma non ho più molto tempo,
non ho più molti indizi.
Ancora oggi.
8° classificato
Giuliano Corsi
La malinconia del mio cuore
La malinconia del mio cuore
sfida i giorni,
la mia vita canta il mio dolore
sotto la pioggia,
dove una pietà
cerca di recuperarmi
con questa faccia
da vecchio attore,
traviata dalle tante avventure, e,
dai tanti dispiaceri.
Sempre chiaro, sempre lucido.
Avanti, vecchio ragazzo.
Quante miserie nasconde la gloria
il mio volto scavato, tragico, e,
la voce profonda
annuncia la tempesta,
la vita non è stata generosa,
i sogni sono dolci
ma difficili da realizzare,
il cielo è sempre lo stesso,
l’uomo non è lo stesso.
È difficile vivere
con tanto amore, e,
non avere una donna
a cui donarlo.
9° classificato
Paonessa Ada
Volevo
Volevo vedere un’oasi in tempesta
volevo vedere un mare in burrasca
volevo sentire il vento ululare
volevo ascoltare la pioggia cadere.
Ho visto, sentito, ascoltato.
Volevo vedere le bellezze del mondo
e sei arrivata tu…
cristallo di sole.
10° classificato
Simonetta Barsotti
Dalla piana dell’Era
S’inerpica, curva dopo curva, la strada che
dalla piana dell’Era porta Volterra
Quanti odiati ritorni,
gli occhi a cercare appigli
di là dalle tacite prode
oltre i pagliai dei rari casolari
oltre i voli dei passeri
E sempre mi stupisco del turista
fermo a immortalare le campagne
che la pecora asciuga palmo a palmo intorno
e quelle Balze, zolla friabile
che si frana addosso come il suo Tempo
bocca dai contorni disuniti
spalancata sui quadrati oca
che rattoppano la tela della terra fino al mare
Qua e là un filare di cipressi
memoria di chissà quale pennello
s’alza sulle punte a far da scudo all’ultimo
fagiano inseguito dallo sparo
mentre dall’alto della sua maestà
la Chiesa di San Giusto preannuncia il vecchio
borgo
minuscola periferia della Città Etrusca
che recintò con le sue pietre il mio crescere ribelle
Chi sale al Colle dalla piana dell’Era
sospira e cede al fascino dell’insolito
paesaggio
Non io
che ancora ritrovo l’antica angoscia
curva dopo curva, dosso dopo dosso